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Da redazione,

Il sostituto procuratore della Repubblica di Trani, dottoressa Silvia Curione, ha disposto il dissequestro dello stabilimento Timac di Barletta, in Via Trani, accogliendo le considerazioni dei legali dell’impresa, i professori Matteo Benozzo e Francesco Bruno e l’avvocato Francesco Salvi (studio Pavia e Ansaldo)”. E’ quanto si legge in una nota di Timac Agro Italia.

Nel provvedimento di dissequestro – spiega l’azienda – dopo aver ricordato che ‘già i consulenti tecnici del pm avevano escluso la responsabilità della società in questione con riferimento al denunciato inquinamento atmosferico dell’area di riferimento’, per quanto riguarda l’inquinamento del suolo e del sottosuolo il pm sottolinea che ‘la società sta ponendo in essere le attività di integrazione e implementazione della MISO suolo e falda, in conformità a quanto disposto in sede di conferenza di servizi’”.

“Nel provvedimento infatti – prosegue Timac Agro Italia – la dottoressa Curione ricorda come, ai sensi del Codice dell’ambiente, gli interventi di Messa in Sicurezza Operativa (MISO) costituiscano un’attività efficace ed equivalente alla bonifica per gli stabilimenti attivi”.

L’amministratore delegato dell’azienda, Pierluigi Sassi, ha dichiarato: “Esprimiamo la nostra profonda soddisfazione per il provvedimento assunto dalla dottoressa Curione. A Barletta è prevalsa la linea della responsabilità di cui Timac ha cercato di rendersi interprete da subito. Ma se la procura non avesse svolto questo ruolo anche di osservatore attento e meticoloso, con riferimento anche al rispetto di tempistiche precise, oggi non ci troveremmo a festeggiare un quadro che contempera tutela dell’ambiente, sviluppo economico e garanzia dei livelli occupazionali. Di più: il provvedimento offre all’impresa la certezza per operare e fornisce a noi e agli enti locali una bussola per i prossimi, pochi, passi che restano da compiere. Questo intervento per noi però non dice la parola fine su temi che ci vedono da sempre in prima linea. Resta fermo l’impegno di Timac – ha concluso l’ingegner Pierluigi Sassi - nei confronti dei barlettani, del sindaco Cannito, del presidente Giorgino e degli altri attori istituzionali, a proseguire la collaborazione e a fare quanto necessario perché la tutela dell’ambiente sia sempre al primo posto”.

Scarica l'allegato per leggere l'articolo completo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 29 marzo 2019.

 

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Da redazione,

E' stato presentato oggi al Brigantino di Barletta il Bilancio di Sostenibilità di Timac Agro. Ma cos’è un Bilancio di Sostenibilità? E’ uno strumento di rendicontazione e quindi di trasparenza, attraverso cui un’organizzazione – nel nostro caso un’impresa – illustra gli aspetti organizzativi e di perfomance relativi alle attività svolte nel corso dell’anno, per rendere consapevoli tutti gli stakeholders degli impatti che l’azienda genera sul piano economico, ambientale e sociale. Gli stakeholders, i “portatori di interesse”, sono tutti coloro con cui l’impresa entra in contatto nella sua attività, e verso i quali, per questa ragione, assume responsabilità. Sono stakeholders, dunque, i dipendenti, i clienti, i fornitori, gli azionisti, i  media, gli amministratori pubblici e soprattutto i cittadini, le comunità in cui l’azienda opera, per le quali una delle principali responsabilità delle imprese è la conservazione dell’ambiente circostante. Su questo fronte tutti danno atto a Timac di aver fatto importanti passi in avanti.

 

Il Bilancio è un documento non previsto obbligatoriamente dal nostro sistema giuridico, è un atto volontario che abbiamo deciso di realizzare per testimoniare il desiderio di trasparenza e chiarezza che contraddistingue il nostro operato ed è uno strumento essenziale per raccontarci. Insomma, il Bilancio di Sostenibilità è una finestra sul passato e una sul futuro, rappresenta tutto quello che abbiamo fatto e tutto quello che faremo ed è la testimonianza dei valori che contraddistinguono Timac Agro Italia.

 

L’obiettivo del Bilancio di Sostenibilità che Timac Agro ha il piacere di presentare oggi è quindi illustrare i risultati ottenuti dall’azienda per la promozione di uno sviluppo sostenibile, cioè di un’attività imprenditoriale compatibile con un contesto di lavoro confortevole e positivo, con la salvaguardia dell’ambiente, del territorio e dell’intero ecosistema che ci circonda. Dal 1991, anno della sua fondazione, Timac Agro ha infatti sempre seguito una direttrice ben precisa: lavorare per diventare leader nel mondo dell’agrofornitura attuando un modello di impresa ad alta sostenibilità.

 

E' possibile leggere una sintesi delle iniziative, dei progetti e dei risultati ottenuti da Timac nel campo dello sviluppo sostenibile scaricando il file allegato in questo post.

 

Per leggere l'intero Bilancio di Sostenibilità basta invece cliccare qui.

Da redazione,

Il 14 giugno 2016, la procura di Trani ha disposto il sequestro dello stabilimento di Timac Agro di Barletta, che produce fertilizzanti, con l’obbligo per l’azienda di provvedere entro 90 giorni alla bonifica del sito ma con facoltà d’uso. Il responsabile legale dell’azienda, l’amministratore delegato Pierluigi Sassi, è stato iscritto nel registro degli indagati con i capi di incolpazione di omessa bonifica, inquinamento ambientale e inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, con l’accusa di non aver ottemperato alle ordinanze n. 3 e 4 del 2015 adottate dalla Provincia di Barletta-Andria-Trani, con cui si obbligava alla bonifica del sito la Timac, ritenuta responsabile dell’inquinamento dell’area, e rispetto alle quali l’azienda ha presentato ricorso al Tar. Il sequestro preventivo d’urgenza è stato convalidato dal gip di Trani il 20 giugno 2016.

Il 30 giugno 2016, Timac ha presentato istanza di riesame del sequestro, sostenendo che il provvedimento adottato dalla procura sarebbe non solo illegittimo, ma anche infondato nel merito, contraddittorio, sproporzionato e lacunoso dal punto di vista di un’effettiva conoscenza delle disposizioni in materia ambientale. Nell’istanza di riesame, la Timac sottolinea che:

 

1) Nessun inquinamento nell’aria, in falda e nel sottosuolo deriva dall’attività dell’azienda

Il processo produttivo dell’impianto non comporta alcun tipo di inquinamento nell’aria. Lo riconosce la stessa Procura di Trani nel provvedimento di sequestro, affermando che «negli anni la Timac è stata oggetto di più o meno costanti campagne di monitoraggio dell’aria da parte dell’Arpa Puglia e di procedimenti di automonitoraggio… in nessun caso, come confermano i consulenti tecnici della Procura, sono stati superati i limiti prescritti dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale)».

L’attività produttiva di Timac non contribuisce in alcun modo a causare alcun inquinamento anche in falda e nel sottosuolo. Lo stabilimento è infatti un impianto produttivo a ciclo chiuso, privo di scarico in qualsiasi corpo recettore, e che quindi esclude per sua natura ogni possibilità attività contaminante dello stesso. Tutte le campagne di monitoraggio effettuate negli ultimi anni hanno dimostrato che la falda acquifera risulta già inquinata a monte dello stabilimento ed esce a valle di esso senza essere inquinato nel percorso che effettua scorrendo sotto il perimetro dello stabilimento e, anzi, i valori di contaminazione entrano più elevati da monte ed escono più ridotti a valle di Timac. La contaminazione, in definitiva, proviene da monte idrogeologico rispetto allo stabilimento.

 

2) Altroché inerzia dell’azienda sulle emissioni maleodoranti

Secondo la Procura, Timac non ha ancora proceduto a «individuare e adottare la tecnologia più adeguata alla rilevazione costante dell’acido solfidrico», e «pertanto procede solo alla rilevazione discontinua dell’H2S con cadenza mensile», e ciò «impedisce di fatto di accertare se i cattivi odori reiteratamente lamentatati dalla popolazione siano imputabili all’attività dell’azienda». In realtà, il monitoraggio mensile dell’H2S è espressamente previsto come alternativa a quello in continuo e che nelle BAT di settore (BREF LVIC-AAF),alla emissione di H2S non è associata alcuna criticità. Timac ha provveduto tempestivamente ad eliminare ogni disagio odorigeno potenzialmente proveniente dalla propria attività. A conferma di ciò, inoltre, un recente sopralluogo dei vigili del fuoco della stazione di Barletta ha confermato l’assenza nell’aria «di alcun valore anomalo di nessun genere di sostanza» proveniente dallo stabilimento. E non potrebbe essere altrimenti, visto che nel triennio 2008-2010 è stato installato un sistema di abbattimento di odori denominato Tecnium, basato su una tecnologia totalmente nuova sviluppata dal gruppo Roullier e validata anche attraverso un protocollo di sperimentazione avviato con l’università di Bari. L’impianto è costato complessivamente circa 2 milioni di euro.

 

3) L’azienda non ha alcun obbligo di bonifica, eppure la sta già facendo

La difesa dell’azienda sottolinea come Timac, in virtù della normativa vigente (non solo il Codice dell’ambiente, ma anche numerose sentenze adottate dal Consiglio di Stato e dalla Corte di giustizia dell’Ue), non ha alcun obbligo di adottare misure di bonifica o di messa in sicurezza per porre rimedio a una situazione di inquinamento causata dai precedenti proprietari dello stabilimento, ma solo di adottare le misure di prevenzione al fine di contenere il danno all’ambiente o la minaccia di tale danno. Nonostante non ci sia alcun obbligo in capo a Timac, quest’ultima ha comunque deciso di attivare un procedimento volontario di bonifica sui terreni del sito, sfociato con l’approvazione di Messa In Sicurezza Operativa-MISO (che è la tipologia di bonifica prevista dal codice dell’ambiente per questi casi), poi attuata nella sua interezza e verificata nella sua efficacia tra i mesi di ottobre 2015 e maggio 2016 (tutte attività non considerate nell’indagine della Procura).

Nella Conferenza di servizi dell’11 luglio 2016, le amministrazioni locali hanno unanimemente riconosciuto il pieno adempimento di Timac agli impegni assunti sull’attuazione delle MISO sul suolo.

Tali attività eliminano dunque alla radice ogni elemento soggettivo (il dolo, ossia la mancanza di volontà di effettuare le procedure previste dalla legge in caso di contaminazione e – conseguentemente - di inquinare) ed oggettivo (l’omessa bonifica e l’inquinamento) su cui si fonda l’assunto accusatorio.

 

5) Altroché inerzia per il rilascio della Via (Valutazione di impatto ambientale)!

Anche se il rilascio della Via - trattandosi di uno stabilimento già in esercizio da moltissimi anni e non nuovo - non è assolutamente un presupposto dell’Aia, il procedimento autorizzatorio ha seguito i tempi del normale iter previsto dalla legge. Secondo la Procura, Timac ha evitato di comunicare alla Provincia la categoria progettuale sulla scorta della quale classificare il proprio impianto produttivo, ma ciò è avvenuto soltanto per l’assenza negli elenchi allegati alla Legge regionale 11/2001 (precedente al D. lgs. 152/2006) della tipologia dell’impianto nella quale rientrava lo stabilimento Timac. Nonostante le difficoltà burocratiche, non imputabili all’azienda, quest’ultima non ha mostrato alcuna inerzia e ha invece avuto con la Provincia un dialogo costante e completo, comunicando, ad esempio, già nel 2012, che la categoria progettuale era la stessa di quella già comunicata in fase di istanza Aia. Si nota inoltre come Timac non abbia attualmente alcuna azione pendente nell’iter di conseguimento della Via: tutta la documentazione è pubblicata da tempo sul portale della regione Puglia.

 

6) L’azienda ha rispettato le ordinanze provinciali, anche se illegittime

Con l’adozione delle ordinanze n. 3 e 4 del 2015, con cui è stato richiesto alla Timac di eseguire la bonifica totale dell’intera area, acque di falda comprese, la Provincia BAT ha esercitato un potere che non spetta ad essa, ma alla Regione, che su tale aspetto si era peraltro già espressa in sede di Conferenza di servizi, come?, smentendo le tesi della Provincia e approvando il piano MISO proposto da Timac. Nonostante fosse certa delle sue ragioni, Timac ha proseguito a proprie spese nella sua attività di indagine della falda dell’intera area industriale di Barletta e – nonostante non fosse soggetto contaminatore – ha provveduto ad effettuare l’attuazione delle integrazioni di MISO sui terreni, proponendo già dal mese di marzo 2016 agli enti una messa in sicurezza operativa sulla falda che va ad effettuare un pump and treat al punto di conformità in uscita dello stabilimento, il pz3, l’unico piezometro che – ai sensi dei risultati delle prime analisi dello studio idrogeologico effettuate dalle stesse pubbliche autorità - risulta contaminato in uscita.

La Conferenza di servizi dell’11 luglio 2016 ha autorizzato in sede “decisoria” l’attuazione dell’operazione di pump and treat proposta da Timac. Il meccanismo consentirà di estrarre dalla falda le acque che registrano valori anomali (pur se non dovuti all’attività dello stabilimento) e di sottoporre queste acque a trattamento per renderle definitivamente inoffensive per l’ambiente. Il processo sarà svolto sotto l’attento controllo di Arpa. L’intervento sulla falda si aggiunge così a quello già operativo sul suolo e allo studio idrogeologico reso possibile dalla disponibilità dell’azienda in termini operativi ed economici.

Timac sta dunque pienamente ottemperando esattamente a quanto richiesto dalle due ordinanze provinciali n. 3 e 4 del 2015, ed è rimasta tutt’altro che inerte di fronte a tali ordinanze (seppur ritenute, come detto illegittime, e pertanto oggetto di ricorso al Tar). Timac ha ottemperato alle ordinanze della provincia non perché si è trovata nella condizione di sanare qualcosa di trascurato fino ad allora, ma semplicemente perché l’azienda ha sempre agito in questo modo, seguendo ciò che gli enti e le amministrazioni hanno sempre chiesto. Se tra agosto 2015 e settembre 2016 la provincia ha deciso che ciò che era stato chiesto a Timac fino a quel punto non era più considerato sufficiente (per motivi misteriosi non essendo intervenuti fatti nuovi) è difficile rintracciare una responsabilità dell’azienda.

 

7) Un sequestro illegittimo e fondato su ragioni solo mediatiche, non giuridiche

Infondato nel merito e sproporzionato visto che una bonifica è già in atto nel sito Timac: il sequestro disposto dalla Procura di Trani risulta essere dettato da ragioni più mediatiche che giuridiche. Ad ammetterlo è la stessa procura, che scrive chiaramente di essere intervenuta su spinta di una rilevante pressione mediatica e sociale, e a causa dell’inerzia degli organi preposti alla soluzione del problema. Nel nostro ordinamento, però, non vi è alcuna norma che attribuisce all’organo inquirente un potere suppletivo verso attività che la legge attribuisce esclusivamente agli Enti locali (e alle autorità competenti individuate dalla normativa ambientale) e che sono ad essi riservate anche in virtù di specifiche competenze tecniche.

La Procura mostra insomma una tendenza a sconfinare in campi non propri, in virtù di spinte mediatico-sociali: una prassi non nuova nell’ambiente inquirente di Trani, se si considerano le polemiche che negli ultimi anni hanno caratterizzato alcune sue attività di indagine (in gran parte finite nel nulla) sui temi più disparati (dal presunto complotto ordito dalle agenzie di rating statunitensi contro il governo italiano, alla recente inchiesta sul nesso tra vaccini e autismo).

 

8) Un sequestro incompatibile e in aperta contraddizione con la “facoltà d’uso”

C’è una incompatibilità evidente tra l’adozione del sequestro (con l’accusa di perdurante inquinamento proveniente dalla produzione dello stabilimento) e la concessione della facoltà d’uso dell’impianto stesso con finalità di bonifica. La facoltà d’uso, infatti, consente proprio la prosecuzione delle attività che la Procura ritiene pericolose e non autorizzate. Perché dunque un simile provvedimento? E’ la stessa Procura a essere consapevole che non c’è nessuna relazione tra l’impianto e l’inquinamento dell’area, e quindi il proseguimento dell’attività industriale di Timac non può in alcun modo aggravare o protrarre le conseguenze del reato contestato o agevolare la commissione di altri (ossia le esigenze che avrebbero motivato il provvedimento cautelare).

 

9) L’uso del sequestro condizionato è giuridicamente illegittimo

La Corte di Cassazione ha censurato più volte il ricorso al sequestro condizionato, come strumento di pressione per sollecitare gli “inquinatori” al ripristino dello stato dei luoghi, sulla base del principio che la bonifica dei luoghi interessati da reati ambientali non può essere disposta dall’autorità giudiziaria in pendenza di procedimento penale, ma solo irrogata con sentenza di condanna (Cass. Pen., Sez III, 10 giugno 2014, n. 28577). Inoltre, specificando un termine di 90giorni, la procura mostra di avere una scarsa consapevolezza del concetto di “bonifica”, nonché dei tempi tecnici  e dei passaggi amministrativi necessari alla sua realizzazione.

Da redazione,

«Il lungo e tortuoso iter intrapreso nella seconda metà del 2015 e finalizzato ad attività di bonifica – per un inquinamento non prodotto da Timac Agro – è finalmente giunto a compimento. La Conferenza di servizi di lunedì 11 luglio, svoltasi presso la sede dell’assessorato all’ambiente della regione Puglia, ha infatti autorizzato in sede “decisoria” l’ormai famoso pump&treat proposto da Timac Agro per rimuovere un inquinamento che come accertato dal CNR attraverso lo studio idrogeologico proviene dall’esterno dello stabilimento. Si tratta di un meccanismo che consentirà di estrarre dalla falda le acque che registrano valori anomali (pur se non dovuti all’attività del nostro stabilimento) e di sottoporre queste acque a trattamento per renderle definitivamente inoffensive per l’ambiente».

Lo sottolinea Andrea Camaiora, portavoce di Timac Italia, il cui stabilimento di Barletta dallo scorso 14 giugno è sotto sequestro preventivo con facoltà d’uso disposto dal sostituto procuratore Silvia Curione e poi convalidato dal gip di Trani, Angela Schiralli. A Pierluigi Sassi, amministratore delegato dell’azienda del Gruppo Roullier, la procura contesta la violazione dolosa di disposizioni in materia ambientale e l’omessa bonifica del sito. Il ricorso contro il sequestro sarà discusso lunedì 18 luglio dal Riesame di Trani: gli avvocati Francesco Bruno e Francesco Salvi chiedono l’annullamento del decreto del gip per insussistenza  degli indizi e delle esigenze cautelari.

«Il pump&treat proposto da Timac Agro sarà svolto, come di competenza, – aggiunge Camaiora – sotto l’attento controllo di Arpa, che nella seduta della Cds di lunedì, attraverso l’ingegner Giuseppe Gravina, ha chiesto e avuto conferma di un punto definito per la verifica del corretto svolgimento delle operazioni di emungimento e trattamento delle acque».

«L’azienda – sottolinea la nota – ha quindi mantenuto la parola più volte ribadita sugli organi di informazione. L’intervento sulla falda, che per parte nostra sarebbe stato possibile autorizzare già mesi fa, si aggiunge così a quello già operativo sul suolo e allo studio idrogeologico reso possibile dalla disponibilità dell’azienda in termini operativi ed economici».

«Come abbiamo più volte ribadito, pur senza cercare a tutti i costi visibilità, avevamo e abbiamo sempre avuto a cuore la sostenibilità ambientale del nostro territorio e abbiamo sempre ricercato la leale collaborazione di tutti gli enti. Nella conferenza di servizi – prosegue Timac – è stato dato unanimemente atto all’azienda di aver operato sempre con la massima apertura e l’azienda ha apprezzato l’intervento chiarificatore reso in conferenza di servizi dal sindaco Cascella che ha messo in evidenza la necessità che venisse ben chiarito che gli interventi in approvazione si configurassero quali intervento di bonifica».

«Il recupero e il riutilizzo delle acque estratte dalla falda nel ciclo produttivo di Timac – evidenzia l’azienda del gruppo Roullier – rappresenta un esempio avanzato di sostenibilità ambientale. In accordo con Arpa e su richiesta della Provincia, Timac si è dunque impegnata a fornire un’ulteriore documentazione tecnica in cui in modo particolareggiato esponga gli aspetti ingegneristici del trattamento delle acque. L’azienda stessa, per mostrare la volontà di proseguire speditamente, ha proposto la data del 31 luglio per fornire l’ulteriore documentazione e la proposta è stata accolta favorevolmente dagli enti. Anche la Asl, in accordo con Arpa, ha espresso parere favorevole, non rilevando alcun pericolo per i lavoratori, associandosi alla richiesta di verifica delle acque espressa da Provincia e Arpa.

In conferenza di servizi è stato infine stabilito che entro il 20 settembre sarà avviato il barrieramento idraulico e dunque il pump&treat. Timac – pur presentando agli enti le difficoltà di attivarsi in tempi così rapidi, data l’imminenza del mese di agosto che rende difficile operare, soprattutto per le aziende – si è resa disponibile a procedere. Non c’è mai stata, infatti, alcuna volontà da parte dell’azienda di perdere tempo. Anzi, si è impegnata e ha operato per rendere operative le misure di tutela, ancorché non dovute, nel solo spirito di garanzia del territorio e rispetto di un ambiente oltraggiato da attività pregresse ed esterne al suo sito, giungendo addirittura – con l’approvazione di lunedì – a realizzare molto più di quanto indicato nelle illegittime ordinanze della Provincia, il cui contenuto è stato già impugnato dinanzi al Tar di Bari dall’azienda, che ha dato mandato ai propri legali di velocizzarne l’annullamento giudiziario».

Conclusione: «L’azienda sottolinea con soddisfazione come tutte le amministrazioni coinvolte abbiano riconosciuto nei propri scritti e dichiarazioni il pieno adempimento della società agli impegni assunti sull’attuazione delle MISO sul suolo. Questi attestati sono la miglior prova della serietà con cui Timac opera e intende operare e che naturalmente attende da tutti gli altri interlocutori».

Scarica l'allegato per leggere l'articolo completo pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno il 14 luglio 2016.

Da redazione,

"C'è rammarico e stupore per il provvedimento emesso dalla procura di Trani. Dalla lettura delle carte firmate dalla dottoressa Silvia Curione si evince chiaramente che non sono stati presi in considerazione i passi e gli atti posti in essere da Timac negli ultimi dodici mesi". E' quanto dichiara l'azienda in una nota.

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Da redazione,

Timac Agro prosegue il confronto leale e trasparente con gli enti, gli organismi di controllo e tecnici, intrapreso con i due studi relativi allo stato della falda e che vedrà nei prossimi mesi, su iniziativa di Timac, un'azione di "pump and treat" nell'ambito dello stabilimento aziendale, volto esclusivamente ad assicurare che qualsivoglia rischio per l'ambiente sia evitato. Ciò avverrà nonostante i dati emersi dal protocollo ambientale dicano inequivocabilmente che il soggetto inquinatore si trova a monte di Timac.

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